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L'asso nella manica: DDL Perantoni.

Dopo la sconfitta inflitta dalla cassazione nei confronti del referendum cannabis legale e quando tutto sembrava ormai perso,
ecco il colpo di tacco, è riemerso il DDL Perantoni depositato un po’ di tempo fa. Come ormai ogni supporter della causa sa, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum sulla depenalizzazione della coltivazione della Cannabis.
Ma non è stato l’unico, bensì il terzo di una serie. La stessa sorte è toccata al referendum sull’eutanasia e la responsabilità civile dei magistrati. La comunicazione dei fatti che ha destato molto scalpore, è stata rilasciata in modo del tutto inedito dallo stesso presidente della consulta, Giuliano Amato.
La dichiarazione rilasciata nel corso della conferenza stampa:
«Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti […] Il quesito è articolato in tre sotto quesiti ed il primo prevede che scompaia tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, che non includono neppure la cannabis ma includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti. Già questo sarebbe sufficiente a farci violare obblighi internazionali».
La dichiarazione ha subito destato molto scalpore ed è stata soggetto di contestazioni da parte di tutti i sostenitori del referendum, ed in particolare dal tesoriere dell’Associazione Coscioni, Marco Cappato, con una replica di post sulla piattaforma social di Twitter:
«Ha affermato il falso. Non sono stati nemmeno in grado di connettere correttamente i commi della legge sulle droghe. Un errore materiale che cancella il referendum […] Non è stato letto correttamente il combinato disposto degli articoli che invece secondo noi riguarda esattamente la cannabis».
La campagna svolta completamente online ha permesso di raccogliere in pochi giorni oltre 600mila firme e il tutto attraverso l’innovativo sistema dello Spid, l’identità digitale che permettere di poter usufruire di alcuni servizi pubblici direttamente online. Il tutto ha scatenato una mobilitazione senza precedenti che ha seguito quella per l’eutanasia legale. Dando onore a coloro che si sono battuti per il Referendum sulla cannabis non possiamo che citare Associazioni Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe, Società della Ragione, Antigone e dai partiti +Europa, Possibile, Radicali italiani, Potere al Popolo e Rifondazione Comunista e Volt.
Dopo la bocciatura del referendum si sono animate piccole fiammelle politiche, sarà un tentativo di accaparrarsi voti? Probabilmente. È stato preso in considerazione il DDL Perantoni. Esso rappresenta l’ultima speranza di fare un passo in avanti nella normativa e le deboli speranze delle centinaia di migliaia di cittadini che hanno messo nero su bianco la richiesta di un cambiamento con la propria firma, sono appese alla discussione di questa legge che come volevasi dimostrare dai canali di comunicazione dei vari attivisti e politici, oltre ad avere una discussione lenta degli emendamenti proposti dall’opposizione, alla questione legalizzazione non viene mai concesso una tempistica di discussione utile per poter effettuare passi avanti e trovare punti di incontro. Spesso nella commissione giustizia l’argomento cannabis non ha occupato più di 4 minuti di seduta, potremmo urlare, complotto! Come se non bastasse gli appuntamenti che vengono presi per discutere e votare viene continuamente rimandata per ben tre volte, mentre si assottigliano i tempi per fare in modo che la legge venga approvata entro la fine della legislatura corrente, perché ricordiamo che potrebbe essere l’ultima chance altrimenti si dovrebbe ricominciare dal principio tutto l’iter burocratico.
Il DDL Perantoni.
Il testo base del ddl Perantoni sulla cannabis è frutto della mediazione tra le diverse posizioni interne alla maggioranza e punta a depenalizzare la coltivazione di massimo quattro piante di cannabis. A dare la notizia è il deputato 5 stelle Mario Perantoni relatore del Ddl secondo il quale la coltivazione domestica di cannabis è fondamentale per i malati che ne devono fare uso terapeutico e che spesso non la trovano disponibile per via di un sistema di approvvigionamento farlocco, oltre che per combattere lo spaccio e il conseguente background criminale.
Secondo Perantoni, la legge avrà quindi un duplice obiettivo:
- Quello di aiutare chi soffre di qualche malattia e ha bisogno di assumere la cannabis;
- Soprattutto di combattere la criminalità organizzata che trae beneficio da leggi proibizionistiche, alimentando il mercato nero e lo spaccio.
In molti però non erano d’accordo e in commissione Giustizia al momento della votazione la maggioranza si è spaccata. I voti a favore sono stati quelli di PD, M5S, LeU, +Europa e del liberale di FI Elio Vito. I voti contrari all’adozione del testo sono stati quelli del Centrodestra quindi Lega, FI e Coraggio Italia. Chi si è invece astenuto è il partito di Renzi, Italia Viva, che, come al solito, piace giocare il ruolo dell’ago della bilancia anziché prendere una posizione specifica.
Il DDL cosa prevede?
Il testo presentato alla commissione sulla cannabis è il frutto dell sintesi di ben tre proposte di legge depositate rispettivamente a partire dal 2019 da +Europa, M5S e Lega.
Le novità che esso porta sono diverse e tra quelle più importanti vi è quella che riguarda la non punibilità della coltivazione di piccole quantità arrivando a concedere la coltivazione di 4 piante «femmina» di cannabis coltivabile attraverso il possesso di un’autorizzazione. Come si legge nel testo base, le pene per chi cede, procura e commercia sostanze stupefacenti saranno diverse in base alla sostanza commercializzata:
- Se le attività illecite dovessero riguardare le sostanze o le preparazioni di derivati come la cannabis, è prevista la reclusione dai 3 a 12 anni e la multa da euro 20.000 a 250.000 euro;
- Se le attività coinvolgono sostanze stupefacenti ritenute più pesanti è prevista una reclusione da 8 a 20 anni e una multa da 30.000 a 300.000 euro.
Il provvedimento ha potenziato, invece, le pene in caso di associazione a delinquere e spaccio nei confronti di minorenni, che non potranno ricevere autorizzazioni a coltivazioni delle piantine di cannabis in casa per nessun motivo. Sono depotenziati invece i “fatti di lieve entità”, proprio grazie alla distinzione tra le varie tipologie di stupefacenti. Il testo introduce anche delle novità per quanto riguarda la pena e la riabilitazione di chi commette il reato. Infatti, se a commettere il reato di produzione o spaccio è un tossicodipendente, il testo dà la possibilità di sostituire la pena del carcere con lavori socialmente utili, prevedendo un reintegro del soggetto.
In attesa dei politici, chi altro ne pagherà le conseguenze?
Mentre i politici fingono di schierarsi a sostegno di cause vicine alla sensibilità popolare, nel meridione si continuano a scrivere pagine di storia cannabica negative ma che hanno lieto fine. Dopo avervi parlato nei casi precedenti di Walter de benedetto, più recente è il caso di Cristian Filippo, 24 anni di Paola, giovane incensurato e mai finito sui giornali di cronaca quotidiana tantomeno per cause che potessero collegarlo all’arresti per consumo e spaccio nella regione con più narcotraffico al mondo, la Calabria. La notizia è stata diffusa e ampiamente trattata dallo scrittore Roberto Saviano sul Corriere della Sera. Il giovane Cristian, originario di Paola, soffre di fibromialgia e per curare i violenti dolori mai messi a tacere dai classici medicinali, ha bisogno dei principi attivi della cannabis che come accade a malati oncologici e di SLA, e come prevede una legge italiana approvata nel 2007, possono averne libero accesso. Ma in Calabria non è mai stata approvata la norma che prevede la distribuzione dell’erba curativa da parte del servizio sanitario regionale. La cannabis, quindi, è disponibile in pochissime farmacie ed è caratterizzata da costi molto alti. La scelta del giocane Cristian Filippo è quindi piu che ovvia e razionale, ovvero coltivare la propria medicina per non entrare a contatto con gli ambienti malsani che le zone di spaccio producono, il tutto per avere possibilità di reperire la sua medicina.
Le dinamiche purtroppo sono sempre uguali, l’infallibile fiuto dei carabinieri di Paola, percepito il caratteristico odore d’erba uscire da casa del malato, bussano e vengono fatti entrare. Trovano due piantine di cannabis che nonostante servano per un mese di cura, il povero Cristian è considerato dalla legge italiana come uno spacciatore come gli altri.
Una volta arrestato, il giovane ha scontato nella stessa casa del sequestro un mese di carcere preventivo con il conseguente obbligo di dimora nella città di San Francesco. Lo scorso 10 giugno sarebbe dovuta essere la sua prima udienza, ma come si è soliti fare per questo tipo di processo, è stato rinviato al marzo 2022.
"Rifarei le stesse cose - ha detto il giovane - sono nella stessa condizione del 2019: ancora senza una terapia ufficiale. Il tempo è scaduto, non possiamo più aspettare. Non posso mettere in stand-by il dolore e aspettare che il Parlamento decida"
Oggi siamo lieti di annunciarvi che Cristian è stato dichiarato innocente, così come precedentemente lo era stato il nostro amato Walter de Benedetto. Questi due ragazzi hanno permesso di scrivere piccole pagine nella storia globale della cannabis. Nonostante la situazione legata alla malavita e al narcotraffico calabrese, nello scenario italiano alla lotta contro la mafia, oggi abbiamo due importanti nomi in campo, Nicola Gratteri e Roberto Saviano ma la cui visione sulla legalizzazione della cannabis non coincide. Da un lato abbiamo lo scrittore Saviano che da anni sostiene leggi più moderne sul tema e sostiene che bisognerebbe aprire un dibattito serio e responsabile sul tema della legalizzazione della cannabis che servirebbe per far cadere un tabù che finora è costato a moltissimi cittadini in termini economici e sociali; mentre dall’altro lato abbiamo il famoso Nicola Gratteri, che si continua ad affermare come fiero oppositore della proposta
Germania, Malta, Lussemburgo e Thailandia sono sempre più orientate nella direzione della legalizzazione. Di fatto il governo della Thailandia ha deciso di regalare un milione di piante di cannabis che verranno distribuire gratuitamente come regalo da parte del governo verso i cittadini nel mese di giugno, in occasione dell’entrata in vigore della nuova norma che rende legale l’autoproduzione di cannabis. L’annuncio è arrivato direttamente dal ministro della Salute Anutin Charnvirakul con un post su Facebook e la nuova legge, che entrerà in vigore il 9 di giugno, permetterà ai cittadini di coltivare in casa quante piante desiderano, a patto che vengano utilizzate per scopi medici e terapeutici. la Thailandia, dunque si appresta a rivoluzionare il mercato della cannabis non solo locale ma anche internazionale avendo a disposizione un numero illimitato di piante.
Il tutto sta per avvenire in una regione nota per le dure sanzioni nei confronti degli stupefacenti, ma che nel 2018 è diventata il primo Paese del sud-est asiatico a legalizzare la cannabis per la ricerca e l’uso medico.
L’anno scorso, in previsione della legalizzazione, le aziende thailandesi di bevande e cosmetici si sono affrettate nell’ottenere prodotti a base di olio di canapa e CBD, dopo che il loro uso è stato approvato per i beni di consumo. E come se non bastasse, un provvedimento ha di recente permesso alle aziende thailandesi registrate di vendere prodotti a base di cannabis che contengono meno dello 0,2 di THC che secondo il ministro questi sviluppi permetterà alla popolazione di generare più di 10 miliardi di baht all’anno circa 270 milioni di euro.
Il tutto sembra paradossale visto la situazione italiana e l’impossibilità di intraprendere un percorso di liberalizzare della coltivazione personale. Almeno si potrebbe tentare di delineare al meglio le normative per la cannabis farmaceutica. Dopo questi duri anni di pandemia, In tutto il mondo la connessione tra cannabis e covid è stata evidente, il 2020 è stato l’anno chiave sia per il virus dichiarato pandemico che per le infiorescenze ai massimi di vendite grazie al lockdown. Cbd e cannabis light sono stati richiesti da ogni target, attraverso servizi digitali e spedizioni delivery. Eppure, il governo non si è ancora deciso a rimuovere il prosciutto sugli occhi, ci sono probabilità che l’illegalità della sostanza in fin dei conti non sia così scomodo per il governo. Questione di affari interni? Denaro? interessi? Chi lo sa. Il soldo è ormai il motore del sistema, possibile che nessuno riesca a fiutare l’affare milionario che ci sia dietro al mercato della cannabis? ci lascia increduli l’idea che fino ad ora non sia mai stato pensato, la cannabis è consumata da milioni di utenti che portano milioni nelle tasche della malavita, la stessa malavita che il governo cerca di combattere, la stessa che chiede pizzo, soldi, imbrogli e omicidi, e nonostante tutto ancora non ci sembra vero.
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