- Dettagli
- Francesco Nicoletta
- Cannabis e cultura
Coltivazioni di cannabis spaziali

Possiamo affermare con certezza che la tecnologia abbia da sempre accompagnato l’uomo con il fine di migliorarne qualità di vita e lavoro.
Oggi vorremmo adottare una lente più futuristica e spedirvi nell’orbita dell’astro botanica.
La maggior parte di voi conoscerà di certo il progetto SpaceX del famosissimo Elon Musk e della sua impresa da visionario per poter dotare il pianeta terra di un sistema di trasporto spaziale logistico e turistico accessibile. Ma qualcuno di voi si è mai domandato se un domani ci fosse la necessita di produrre del cibo fuori dall’atmosfera, sarebbe possibile far crescere delle piante nello spazio?
L'astro-botanica.
L'astro-botanica è una sotto disciplina applicata della botanica che concerne lo studio delle piante in ambienti spaziali. L’oggetto di studio, dunque, è la possibilità di coltivare vegetali in specifici giardini spaziali con ambiente controllato, caratterizzati da assenza di gravità ma pressurizzati. Nel contesto delle missioni spaziali potrebbero essere consumate come cibo e/o fornire un'atmosfera rigenerante grazie alla produzione di ossigeno e l’assorbimento di CO2. La biologia elementare ci insegna che le piante possono metabolizzare l'anidride carbonica nell'aria per produrre ossigeno prezioso e possono aiutare a controllare l'umidità dell’ambiente. Coltivare piante nello spazio, dunque, potrebbe fornire un beneficio psicologico e salutistico agli equipaggi o ai colonizzatori. Ma la strada non è a fatto semplice. La prima sfida nella coltivazione di piante nello spazio consiste nel farle vegetare in condizioni di microgravità che comporterebbe alcune difficoltà, sia per quanto riguarda gli effetti della gravità sullo sviluppo radicale, sia sull'apporto di nutrienti e le varie interazioni microbiologiche. Per quanto questi passaggi siano complessi è stato dimostrato che coltivare nello spazio è possibile. Coltivate nello spazio, le piante andranno incontrano a stress ambientali specifici che non si verificano sulla Terra, tra cui fenomeni come la microgravità, le radiazioni ionizzanti e stress ossidativo. Gli esperimenti, fino ad ora effettuati, hanno dimostrato che questi fattori di stress causano alterazioni genetiche nelle fasi di metabolismo delle piante il che significa che esse rispondono a livello molecolare all’ambiente spaziale.
Nell’attuale Stazione spaziale internazionale (Iss), vi è un laboratorio orbitante a circa 400 chilometri di distanza dalla Terra, nel quale non vi sono solo astronauti del calibro di Samanta Cristoforetti, ma secondo l’idea di Front Range Bioscience, azienda che si dedica a biotecnologie e agricoltura, in collaborazione con Space Cells, una compagnia dell’Università del Colorado, ha permesso di far giungere un carico di più di 480 colture di cellule vegetali includendo la cannabis e il caffè. Il tutto è giunto sulla ISS in un'incubatrice creata per lo spazio a bordo di un volo cargo SpaceX nel periodo di marzo 2020, che saranno soggetti a sperimentazione su varie specie vegetali.
Gli obiettivi sono molteplici:
- capire la reazione delle varie fasi di crescita in orbita;
- selezionare per scopi terrestri varietà capaci di resistere in situazioni del tutto fuori dalla norma;
- verificare le difficoltà di una micro-coltivazione di specie commestibili a bordo.
Dopo un po di tempo passato nello spazio, le cellule torneranno infatti sul nostro pianeta in modo da analizzarne il DNA e valutare gli effetti delle radiazioni e della microgravità sulle piante.
«Siamo entusiasti di saperne di più sull'espressione del gene della canapa e del caffè in microgravità e su come questo influenzerà le nostre coltivazioni»
Le aziende promotrici sostengono che questa sperimentazione potrebbe avere anche applicazioni terrestri ed in particolare in luoghi duramente colpiti dal cambiamento climatico, come ad esempio, potrebbe essere utile nella progettazione di piante più resistenti e che si adattano meglio alle condizioni presenti.
Sistemi di coltivazioni spaziali.
Nello spazio studiato appositamente dagli scienziati della Nasa, le piante saranno in grado di crescere nonostante le condizioni di microgravità. In queste particolari condizioni, infatti, in un normale vaso, acqua, ossigeno e altri nutrienti non si distribuirebbero in modo omogeneo attraverso il terreno, minacciando la sopravvivenza della pianta stessa. Nell’impianto di Veggie ( Vegetable Production System), che consentirebbe la produzione di frutta e verdura fresca a “chilometro zero”, invece, ciascuna pianta viene fatta crescere in una sorta di “cuscino” che ospita terriccio alimentato da acqua, ossigeno e fertilizzanti, distribuiti in modo opportuno attorno alle radici. Appena germogliata e spuntata dal terreno, riceverà la luce da un sistema a LED impostato per produrre lo spettro luminoso più adatto. Le dimensioni delle coltivazioni sono ancora molto limitate per ovvie questioni e non superano infatti quelle di un trolley pertanto gli esperimenti sono limitati a sei colture per volta. Tuttavia, finora sono state coltivate con successo diverse varietà di lattuga, verdure in foglia e cavolo, oltre alla zinnia, che è persino fiorita in orbita.
Ma sulla Iss si può trovare un ulteriore apparato di coltivazione, l’ Advanced Plant Habitat (Aph). Qui le piante si trovano all’interno di una camera con un suolo di argilla porosa dotata di un sistema di rilascio controllato dei nutrienti e come per l’impianto Veggie, un sistema di luci LED. Nel caso di questo esperimento, tutto è automatizzato, grazie a telecamere e 180 sensori che permettono a un gruppo del Kennedy Space Center della Nasa di controllare e modificare da Terra le condizioni di umidità e temperatura, per esempio, e di monitorare la crescita delle piante. A luglio 2021 gli scienziati dell’agenzia spaziale americana hanno spedito sulla Stazione spaziale 48 semi di peperoni, degli ibridi selezionati dall’Università del New Mexico, da piantare nella camera. L’esperimento si chiama Plant Habitat-04 e durerà 100-120 giorni, fino al momento del raccolto. Perché proprio i peperoni? Perché sono una solida fonte di vitamina C, la cui carenza è sempre stata un problema per gli astronauti. Si tratta inoltre di una pianta autoimpollinante, cosa che rende più facile la crescita dei frutti. Così, mentre una parte dei peperoni tornerà a Terra per le analisi, l’altra potrà essere felicemente consumata dai cosmonauti.
Cannabis spaziale.
In principio l’esigenza che si celava dietro ai viaggi nello spazio era prettamente a carattere scientifico indirizzato verso la comprensione di questo enorme spazio sconosciuto, condotto rigorosamente da esperimenti e regole scientifiche. Ma dopo che si è iniziato a vociferare dell’avvento del turismo aerospaziale, si comincia a sentire l’esigenza di dover costruire spazi di ristoro dedicati ai turisti e ai futuri coloni, e collegare la cannabis al ristoro vuol dire creare spazi per un uso consapevole e ricreativo per un relax spaziale. La BioHarvest, azienda specializzata nella crescita di cellule vegetali e nutrienti potenziati per gli astronauti ha trovato un modo per coltivare tricomi, le ghiandole nel quale si sviluppa il Thc nelle piante di cannabis, usando i bioreattori. Questo è quanto ha dichiarato Chris Hadfield a Futurism, ex astronauta ora consulente dell’azienda. Il sistema di perfezionamento dei bioreattori permette dunque di coltivare solo la parte reattiva della pianta replicandone la parte utile di essa senza la presenza fisica del vegetale. Lo spazio potrebbe anche essere l’ambiente ideale per produrre cannabinoidi a scopo terapeutico. Questo può essere dedotto dall’esperimento effettuato con “VINIA”, un integratore derivato dai globuli dell’uva rossa, che ha “dimostrato con test clinici di apportare significativi benefici cardiovascolari”.
Tuttavia, non è la prima volta che la cannabis si trova a essere lanciata nello spazio:
Nel 1 ° giugno 2013, Seed Hub e High Times hanno utilizzato un pallone meteorologico per inviare una piccola pianta di marijuana e 95 semi a circa 20 miglia dal suolo. Ed ancora nello stesso anno Dale Chamberlain, ex botanico della NASA che collaborò nella realizzazione di growbox per la crescita di piante in assenza di gravità, ha lasciato intendere che i semi di cannabis sarebbero già stati introdotti di nascosto nell’ International Space Station. Solo quattro anni più tardi, nel 2017, un dispensario chiamato Herban Planet ha provato a lanciare 500 grammi di erba aromatizzata alla menta con un pallone meteorologico, l’intento fu quello di provare dei cambiamenti nel DNA della pianta ma l’esposizione non fu sufficientemente lunga. All’inizio di quest’anno invece, Space Tango società di ricerca spaziale del Kentucky, ha inviato semi di canapa all'ISS tramite un razzo SpaceX, per poi riportarli sulla terra e coltivarli, ma ancora non è stato pubblicato nessun risultato.
Agricoltura non sostenibile.
L’agricoltura non sostenibile è principalmente mono-colturale e utilizza solo sementi selezionate, geneticamente omogenee, irrorate sistematicamente con diserbanti e pesticidi. Ogni anno il terreno viene sfruttato a ritmi insostenibili e portato quindi velocemente all’improduttività. Meno il terreno è produttivo più i contadini ricorrono a sostanze chimiche e, in alcuni casi, a sementi ogm ritenute più resistenti.
L’ONU ha lanciato infatti un allarme: l’agricoltura così come viene praticata oggi ci lascia solo 60 anni di raccolti.Poi il definitivo collasso del sistema.
Nel 2017 è stato pbblicato il rapporto di Global Land Outlook con l’intento di portare all’attenzione globale sia il rischio di desertificazione di alcune zone della Terra che il livello di degrado dei terreni sottoposti all’ agricoltura industriale non sostenibile. L’analisi scientifica sulla perdita di terreno sano e produttivo nel mondo evidenzia come la produttività agricola sia già diminuita del 20% causa dell’agricoltura industriale non sostenibile. Senza contare che l’aumento dei terreni desertificati, porterà alla soglia dell’estinzione molti insetti, questo allarme riguarda principalmente la moria delle api, animali essenziali per la vita delle piante, dell’uomo e degli altri animali.
Einstein diceva:
«Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita»
Questa affermazione è ormai ritenuta dagli scienziati non tanto una profezia quanto una previsione del tutto realistica. Questi piccoli e laboriosi insetti svolgono il fondamentale compito dell’impollinazione; da loro dipende la sopravvivenza e propagazione di più del 70% delle specie vegetali della Terra.
La canapa per fitobotanica e agricoltura rigenerativa.
Una soluzione per ripristinare l’equilibrio dei terreni dall’utilizzo eccessivo di fertilizzanti potrebbe essere sicuramente la nostra fedele compagna, la canapa! Da diversi anni ormai abbiamo ribadito che la canapa ha delle spiccate capacità di riduzione dell’uso di pesticidi, fitofarmaci e diserbanti nelle colture, e ne diminuisce anche il fabbisogno d’acqua, e può essere utilizzata anche per la bonifica terreni. Si tratta di un processo di fitobonifica, che comporta il miglioramento della fertilità del suolo, grazie alla capacità di assorbimento da parte delle radici di questa pianta dei componenti organici o inquinanti presenti nel terreno, che possono essere in secondo tempo trasformati in qualcosa di meno pericoloso, oppure vengono ‘catturate’ e recuperate (nel caso del piombo, dello zinco e del ferro). E come ogni pianta il processo depurativo avviene anche nell’aria, perché la canapa può sequestrare il CO2 presente in un ambiente inquinato.
Oltre alla fitobonifica con la canapa si può puntare pure all’agricoltura rigenerativa che può essere effettuata in abbinamento alle sagge pratiche agricole e moderne conoscenze, con il focus di arricchire il suolo in modo del tutto naturale e permette di coltivare sfruttando la naturale sinergia delle piante con gli elementi della microvita del suolo, abbandonando del tutto l’idea di voler dominare e controllare la natura. L’obiettivo principale è quello di rigenerare i suoli, senza quindi mai impoverirlo e inquinarlo, come invece avviene quando si applica un’agricoltura intensiva molto aggressiva, con l’uso di fertilizzanti, agrofarmaci e forte movimentazione dei terreni.
Le tecniche agricole adottate in combinazione con le qualità rigenerative della canapa, rivitalizzano il suolo tanto da migliorarne la fertilità raccolto dopo raccolto, lavorando quindi su: minerali, parte organica e microbiologia. Per riuscire in questo si deve sempre permettere la riattivazione dei cicli naturali, attraverso l’insieme di tecniche agricole antiche e moderne, che vengono riprese anche dall’agricoltura biodinamica e quella sinergica. A livello pratico, dopo un’analisi per stabilire il livello di impoverimento del terreno, l’agricoltura rigenerativa interviene attraverso tre principi di base:
- La diversificazione colturale trae origine da tecniche antiche, la rotazione delle colture o l’azione sinergica di più piante amplia il numero delle famiglie botaniche a contatto con il suolo, con l’obiettivo di migliorarne la struttura, grazie all’azione delle radici. Questa pratica stimola l’attività biologica nel suolo e migliora la fertilità, grazie a questo si limita l’uso di fitofarmaci e ci si può concentrare su favorire l’impiego principi attivi eco-compatibili.
- La riduzione delle lavorazioni meccaniche, altro aspetto è diminuire le lavorazioni sul terreno, proteggendo così l’habitat biologica dell’organismo che popolano il sottosuolo. Nell’agricoltura rigenerativa, si può arrivare fino all’assenza totale di lavorazione meccanica sui terreni, andando a ridurre notevolmente il lavoro necessario ed i consumi di carburante.
- A copertura del suolo, che non va mai lasciato a nudo e si può optare per una pacciamatura di paglia, intorno alla pianta o meglio ancora seminare erbe buone che possano crescerne vicino, in modo da trattenere l’acqua e migliorare la struttura complessiva del terreno, fissando gli elementi nutritivi e la sostanza organica. Inoltre, possono essere impiegati specifici preparati biologici, per sostenerne la nutrizione, o tecniche tipiche della lotta integrata, per proteggere le piante dai parassiti, come macerati di erbe, come l’ortica che viene strappata e messa a fermentare.
Fonti: