cannabinoidi

Tutti ammiriamo la bellezza della pianta di cannabis, unica nel suo genere per i famosi effetti di high e per la sua foglia seghettata e a punta.

Ve lo sarete già chiesto in uno dei viaggi mentali, ma cosa conferisce alla pianta quelle caratteristiche di evocare un effetto di high nel consumatore?


Come i nostri documentati follower sanno, i cannabinoidi sono i componenti chimici principali prodotti dalla cannabis e ne esistono di due diversi tipi:

  • Fitocannabinoidi quelli presenti nelle piante;
  • Endocannabinoidi sono il tipo di cannabinoidi prodotti all'interno dell’organismo da animali ed umani.

I fitocannabinoidi furono osservati per la prima volta nel 1979 dal famoso scienziato dottor Raphael Mechoulam che me diede una prima classificazione, indicandoli come un gruppo di molecole chimiche presenti nella Cannabis sativa. Queste piccole componenti biologiche hanno la possibilità di legarsi con i recettori del nostro sistema endocannabinoide (SEC) inibendo sensazione di dolore e inducendo sensazioni di rilassatezza e/o euforia. Poiché quest’ultimo regola in una certa misura quasi tutti i nostri sistemi fisiologici, ha suscitato l’interesse di ricercatori che man mano stanno indagando sulla possibile influenza che questi bio componenti hanno sulla nostra vasta rete.

Come forse non molti sanno, in natura oltre che nel latte materno, i cannabinoidi possono essere prodotti anche da organismi vegetali. Esiste una distinzione tra metaboliti primari che sono i diretti responsabili dello sviluppo della struttura, della crescita e della riproduzione di una pianta; e quelli secondari, tra cui i cannabinoidi che vengono prodotti dalle specie vegetali per svolgere diverse funzioni:

  • Come strumento di difesa preventiva contro parassiti nocivi
  • Per allontanare animali erbivori che durante i pascoli potrebbero cibarsene.
  • Per proteggere la specie dai raggi UV.

Visto il comprovato impiego farmaceutico e terapeutico dei cannabinoidi nel trattamento di specifiche patologie, la comunità scientifica sta cercando di incentrare studi sulle possibili applicazioni cliniche di molte di queste note molecole, nonostante il proibizionismo in alcuni paesi, ed è quindi probabile che in un futuro più o meno imminente, queste sostanze verranno menzionate con maggiore frequenza nel campo applicazione medica della cannabis.

Il sistema endocannabinoide.

Echinacea.

Ma cosa è il sistema endocannabinoide? Non ci stancheremo mai di ripeterlo, questo sistema endocannabinoide è un sistema biologico di comunicazione tra le cellule. Si tratta di uno dei più complessi e più importanti sistemi del nostro corpo, che contribuisce a regolare gran parte delle funzioni vitali. Inoltre, il suo compito è anche quello di mantenere l’omeostasi dell’organismo, ovvero il suo delicato equilibrio interno, che viene messo a repentaglio dalle condizioni esterne dell’ambiente. Il sistema endocannabinoide è presente in diverse specie, dai mammiferi, ai rettili, fino agli invertebrati di milioni di anni fa. Questo fa pensare che il sistema biologico fosse già presente, prima dell’arrivo della cannabis sulla Terra.
Il SEC è un complesso sistema di comunicazione tra le cellule, composto da tre elementi:

  • gli endocannabinoidi,
  • i recettori;
  • gli enzimi.

Gli endocannabinoidi sono molecole che registrano le variazioni delle condizioni esterne e attivano i recettori, per trasmettere dei segnali alle cellule, così da permettere loro di innescare una risposta. Le prime due molecole del sistema conosciute sono state l’Anandamide e il 2-Arachidonoilglicerolo (2-Ag), che sono già presenti nel nostro organismo e vengono rilasciate “su richiesta” biologica. Il secondo elemento del sistema è rappresentato dai recettori CB1 e CB2, che si trovano nella membrana di diversi tipi di cellule. Uno studio del 2005 ha mostrato che i CB1 sono presenti soprattutto nelle cellule nervose dell’encefalo (neuroni) del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e sono distribuiti in particolare nella corteccia, nell’ippocampo, nell’amigdala, nei gangli e nel cervelletto, responsabili del movimento, delle funzioni cognitive complesse, dell’apprendimento, della memoria e delle emozioni. Recettori CB1 sono presenti anche nelle cellule di polmoni, muscoli, organi riproduttivi, fegato e nel sistema cardiovascolare. I CB2, invece, sono espressi principalmente a livello periferico e sono presenti nelle cellule di ossa, milza, colon, pancreas e nel sistema immunitario.

I recettori dei cannabinoidi hanno il compito di regolare il rilascio di altri messaggi. I CB1, infatti, interferiscono con i neurotrasmettitori, per proteggere il SNC dalla sovrastimolazione, mentre i CB2 regolano l’attività del sistema immunitario. I recettori dei cannabinoidi sono recettori accoppiati alle proteine G (GPCR). I GPCR si trovano sulla superficie delle nostre cellule. Si dice che questi recettori “agiscono come una casella di posta in arrivo per i messaggi, dialogando con le cellule e quindi con il nostro organismo”. I GPCR svolgono svariate funzioni nel corpo umano. Di conseguenza, molti farmaci, tra cui la cannabis medicinale, agiscono sui GPCR. Ma cosa c’entra la nostra amata cannabis? i suoi famigerati principi attivi, il tetraidrocannabinolo e il cannabidiolo, hanno la capacità di legarsi a questi recettori del SEC e riescono a provocare diverse reazioni chimiche importanti che hanno destato l’interesse di gran parte della comunità scientifica che tutt’ora lotta con il proibizionismo per poter ambire a più ampi margini di ricerca.

Piante e fiori produttori di cannabinoidi.

Queste piante originarie del Nord America, i quali nativi erano soliti consumarle per scopi olistici ed oggi sono ampiamente reperibili in preparazioni come tè, tinture e capsule. I ricercatori stanno cercando di comprendere gli effetti dei principali costituenti attivi dell’Echinacea, noti come alcammidi. Le strutture chimiche di queste sostanze somigliano molto a quelle degli endocannabinoidi presenti nel corpo umano, ovvero all’anandamide e 2-AG. I primi studi hanno scoperto che le alcammidi interagiscono con i due principali recettori del SEC, ovvero il recettore dei cannabinoidi 1 (CB1) ed il recettore dei cannabinoidi 2 (CB2). Non è improbabile trovare questa pianta nei vasi di casa vostra poiché in occidente attualmente sono coltivate a scopi ornamentali per interni ed esterni, poiché i petali donano alla pianta un colore rosa intenso. Comuni e belle da guardare, le echinacee possono essere suddivise in due specie principali:

  • Echinacea angustifolia (“dalle foglie strette”);
  • Echinacea purpurea.

Questa pianta oltre ad essere visivamente attraente, ha anche degli impieghi terapeutici. A causa dei fitocannabinoidi, è stata usata tradizionalmente per ridurre l'infiammazione di ferite, bruciature e punture di insetti. Le sue radici possono anche essere masticate per aiutare in caso di mal di denti o infezioni della gola. Ne sono stati peraltro osservati effetti secondari negativi relativi a disturbi digestivi, eczemi, e attacchi d'asma, possono essere dati dalla conseguenza dell'uso delle sue radici.

L'Acmella oleracea.

Nominata “Jambù” viene utilizzata da diverse culture brasiliane ed argentine per combattere il mal di denti. I fiori sono commestibili ma quando vengono masticati, producono una piccola scossa elettrica. I temerari che hanno intenzione di utilizzarla si troveranno ad avere a che fare con una sensazione estremamente anestetica, della durata di appena 10–15 minuti, e, nonostante ciò, l’estratto delle foglie, che pure produce un simile effetto analgesico, viene usato sotto forma di estratto in svariate ricette di cucina brasiliane tradizionali.

Sebbene siano necessarie prove più complete per validarne l’efficacia odontoiatrica, i ricercatori hanno scoperto che l’acmella produce una sostanza chiamata spilantolo, che si lega al recettore CB2 che svolge un ruolo significativo nella risposta immunitaria, nonostante il componente non interagisca in modo molto efficace al recettore, mostra comunque un certo livello di affinità con il sistema endocannabinoide. Né sono stati riscontri pochi effetti collaterali, tra cui la produzione eccessiva di salivazione per il quale naturalmente ne sconsigliamo l’uso poiché nonostante la comicità della situazione al quale potrete assistere, la sensazione potrebbe essere comunque spiacevole e fastidiosa.

Il pepe nero.

Una delle spezie più diffuse nelle dispense degli italiani è sicuramente il pepe nero. Non lo avreste mai pensato, vero? Il pepe arricchisce anche il cibo con dei cannabinoidi. Contiene una molecola nota come beta-cariofillene, che si qualifica sia come terpene che come cannabinoide. Ed in effetti, questo è uno dei terpeni maggiormente presente nella cannabis, in grado di apportare note aromatiche dolci e di spezie a molte varietà diverse. Poiché la molecola si trova anche in erbe comuni come chiodi di garofano, basilico ed origano è conosciuto anche come “cannabinoide alimentare”. Come i principi attivi della cannabis, il beta-cariofillene si lega con forza al CB2 ed alcuni studi in corso stanno esplorando il potenziale di questa sostanza chimica nella gestione dell’infiammazione, con l’obiettivo di accelerare la guarigione delle fratture. Inoltre, contiene anche una molecola che influenza i livelli di endocannabinoidi conosciuto con il nome di guineensina che inibisce la ricaptazione dell’anandamide e ne aumenta temporaneamente i livelli in circolo.

La carota.

Non tutti se lo aspettavano, eppure uno degli ortaggi più diffusi negli orti italiani è produttore di cannabinoidi? È un alimento utilizzato quotidianamente da milioni di famiglia nelle forme più svariate. La caratteristica nota è che contengono carotene; quello che alcuni non sanno però è che le carote contengono un cannabinoide chiamato falcarinolo, che si lega al recettore CB1. A differenza degli agonisti come il THC, il falcarinolo agisce in questo sito come un antagonista, impedendo temporaneamente ad altri ligandi di legarsi al recettore. I ricercatori stanno attualmente esplorando il ruolo degli antagonisti del CB1 in condizioni come l’obesità. Questo cannabinoide derivato dalla carota potrebbe rappresentare una promessa in questo settore, ma le sue caratteristiche pro-allergeniche rendono l’applicazione decisamente più problematica.

Curcuma

Questa spezia colorata impiegata dietro i fornelli, fa parte della famiglia dello zenzero ed è usata in diverse culture. Essa ricopre un posto speciale sia nelle pratiche Ayurvediche sia nelle pratiche olistiche tradizionali cinesi, acquisendo grande importanza spirituale. Studi recenti hanno esaminato il suo potenziale antinfiammatorio e sull’accostamento dell’uso di cannabis e curcuma come trattamento su due fronti per le malattie pertinenti all’apparato digerente. Il beneficio di questa spezia deriva dal suo costituente curcumina, un polifenolo che interagisce con il sistema endocannabinoide. Questa molecola si lega ai recettori CB1 e CB2 ed aumenta i livelli di endocannabinoidi nel cervello. Gli studi mostrano inoltre che la curcumina sovraregola l’espressione di CB2 e sottoregola il CB1, un meccanismo attualmente in fase di esplorazione per la sua possibile utilità nel trattamento della fibrosi epatica.

Il luppolo

La pianta del luppolo e quella della cannabis provengono entrambe dalla stessa famiglia, ovvero le Cannabaceae, che conta circa 170 specie. Inoltre, entrambe possiedono tricomi ghiandolari che producono alti livelli di terpeni aromatici. I produttori artigianali di birra sfruttano la piccantezza del luppolo per infondere le loro creazioni con queste molecole volatili. Il luppolo non contiene i cannabinoidi tradizionali, ma produce l’agonista del CB2 beta-cariofillene, insieme ad altri terpeni presenti anche nella cannabis, come il mircene e l’umulene. Cosa può esserci di più salutare di un joint ed una bella birra fresca in estate? Come avrete potuto notare all’interno della maggior parte degli hemp shop italiani, sono presenti numerosi tipi di birra aromatizzata alla cannabis, questo perché provenendo dalla stessa famiglia, riescono a creare un connubio perfetto.

La pianta del tè

Che sia nero, rosso o verde, il tè comporta numerosi benefici per la nostra salute, non contiene colesterolo e non presenta calorie. Cosa c’è di meglio di una tazza di tè caldo che riscalda le nostre gelide giornate invernali? Sempre accompagnate da una buona dose di cannabis ovviamente. Spesso il tè può essere considerata un’alternativa alla tazza di caffè, ma oltre al piacere del tè e della “tea time” inglese, sorseggiando questa ottima bevanda apporterete al corpo anche antiossidanti e molecole che rafforzano le ossa e supportano la salute del cuore. Stiamo parlando delle catechine, uno dei costituenti principali della pianta del tè. Oltre a vantare un potenziale immunostimolante e neuroprotettivo, queste molecole si legano ai recettori del nostro sistema endocannabinoide, in particolare a quelli situati nel sistema nervoso centrale.

Il peperoncino

Ogni qualvolta che ci godiamo un pasto piccante a base di peperoncino, apportiamo al nostro organismo la molecola della capsaicina, che conferisce al peperoncino la caratteristica piccantezza. Per produrre questo effetto, la capsaicina si lega ad un recettore denominato come membro 1 della sottofamiglia V del canale cationico potenziale del recettore transitorio (TRPV1). Ma questo recettore fa di più che rilevare la piccantezza. È infatti coinvolto nella segnalazione del dolore e nella funzione delle cellule immunitarie. Anche i cannabinoidi come il CBD e l’endocannabinoide anandamide si legano a questo sito, portando alcuni ricercatori ad etichettare il TRPV1 come il terzo recettore dei cannabinoidi, una designazione che farebbe rientrare anche la capsaicina nella definizione di cannabinoide.

 

 Fonti:

Mypersonaltrainer.it

cannabismag.com

wikipedia.org

paginemediche.it

clinn.it

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