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- Écrit par : Francesco Nicoletta
- Catégorie : Legalizzazione
La lotta della Cannabis contro le Lobby

In ogni articolo pro-cannabis avrete sicuramente letto la parola “legalizzazione” ma bisogna rendersi conto che questo processo non può avvenire solo per una decisione politica o civile
ma visto che “la pianta della canapa è come il maiale, non si butta via nulla”, con il quale quindi, si potrebbero sostituire molti prodotti, spesso inquinanti, utilizzati attualmente nella nostra sfera quotidiana, con prodotti derivanti dalla pianta di canapa.
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Capite quindi che non vi è un interesse unicamente politico ma bensì economico, soprattutto se i rappresentanti del nostro parlamento fossero schierati o coinvolti in progetti delle più grandi lobby di sempre, si verrebbe a creare un conflitto di interessi che rischierebbe di diventare un cane che si morde la coda. Secondo il dizionario la lobby è un «Gruppo di persone che sono in grado di influenzare a proprio vantaggio l'attività del legislatore e le decisioni del governo o di altri organi della pubblica amministrazione», una definizione negativa ma che rende palese lo scopo delle manovre del lobbista».
La parola legalizzazione delle droghe leggere può far cadere nei pregiudizi. Le strade delle città sono variopinte e non è raro aggirarsi per la città e trovare giovani ragazzi che vestono simboli e loghi tipici del mondo della cannabis e che vengono additati come “spinelloni”. Ma d’altro canto è facile incontrare anche individui che rispecchiano i canoni casual dell’abbigliamento o del business, con qualche laurea e magari proveniente da “brave famiglie” che a sorpresa si dedicano al cannabusiness. Siamo stanchi di tutte queste classificazioni legate all’utilizzo di un fiore, ma la nostra soddisfazione giunge quando persone che rientrano nei canoni della “normalità”, in realtà possono essere imprenditori legati al mondo della cannabis.
Uno dei nostri esempi potrebbe essere, Luigi Cornaglia che pubblica del 2016 un gioco da tavolo di carte, “Growerz” legato all’ambiente cannabico e utile per stimolare la riflessione sociale sfidando le abilità da tavolo dei Grower; le numerose aziende che dal 2016 si sono triplicate sul territorio italiano, in cerca di soddisfazione economica e lavorativa in un mercato che stenta a partire per colpa della mentalità bigotta di una generazione anziana presente in maggioranza sul territorio italiano. Nei confronti delle droghe leggere regna ancora un forte pregiudizio, che sia una margherita o un bel fiore di Orange Bud, dovrebbe essere considerato comunque un prodotto naturale. Il Thc descritto dai proibizionisti come il male della società , n realtà non ha niente di più dannoso che non possano avere 50 litri di acqua assimilati in un colpo dall’organismo. Ogni cosa, come anche la candeggina deve essere utilizzata con buon senso e soprattutto bisogna informarsi, perché la conoscenza è sapere, la conoscenza è potere e ci permette di allontanarci dall’ombra soffocante del proibizionismo che aleggia su noi consumatori.
Ma come dicevamo a inizio articolo non è solo una questione di pregiudizi ma bensì di lotta e competizione economica. Negli Stati Uniti alcune campagne di informazione contro la legalizzazione della Cannabis sono state finanziate da lobby di alcolici e da alcune multinazionali del farmaco, senza contare lo zampino del mondo del tabacco. Questi tre macrosettori vedono nello sviluppo del mercato della cannabis, sia medica che ricreativa, una forte concorrenza e perciò continueranno ad ostacolarla. Il mondo degli alcolici è preoccupato, ci sembra chiaro che la cannabis possa costituire un prodotto altamente concorrenziale e competitivo, soprattutto in termini di consumo ricreativo. Come dimostrato dalle ricerche scientifiche i danni causati ad alcol nei confronti dell’organismo umano, sono nettamente superiori rispetto a quelli dell’assunzione per combustione di fiori di cannabis. Mentre per chi produce e vende farmaci, la cannabis rappresenta un vero e proprio prodotto sostitutivo visto le proprietà terapeutiche, antidolorifiche ed anti-infiammatorie degli oltre 120 principi attivi che pian piano stanno emergendo nella ricerca scientifica.
Negli Stati Uniti
L’esperienza degli Stati Uniti, in quegli stati dove è stata legalizzata la cannabis terapeutica, ci dimostra che le vendite legate agli psicofarmaci e benzodiazepine sono nettamente in calo, probabilmente perché la gente sostituisce un semplice farmaco per dormire con qualche “tiro” di joint. Ma quale potrebbe essere la legge migliore per questo paese? È una domanda su cui molti riflettono, forse la soluzione migliore e più realizzabile visto le condizioni del governo italiano, potrebbe essere il modello basato sul modello spagnolo, un mix tra coltivazione personale e la predisposizione di luoghi atti al consumo di tale sostanza chiamati Cannabis social club, posti a distanza rispetto a luoghi sensibili come chiese, scuole ed edifici pubblici, che secondo la regolamentazione spagnola dovrebbe occuparsi della produzione del fabbisogno necessario per soddisfare le richieste degli iscritti al circolo ricreativo, fino ad un massimo di 30g ad individuo.
A titolo personale, riteniamo che qualunque sia il modello di legalizzazione italiano, ci auguriamo che possa essere consentita innanzitutto l’autoproduzione, con un limite che potrebbe essere quello di 4/5 piante a testa, una riduzione delle pene di lieve entità con la possibilità di tenersi stretti la patente, perché diciamolo chiaramente, ANCHE NOI SIAMO LAVORATORI spesso con necessità di spostarci con l’automobile. Il DDL che dovrebbe essere utilizzato come testo base, è redatto da Perantoni in collaborazione con un gruppo di parlamentari misti, attualmente presente in parlamento, che per il momento va nella stessa direzione delle nostre aspettative. Anche se ci sembra più che giusto che vengano decise regole precise per salvaguardare la sicurezza di noi stessi e dei non consumatori. È giusto che la legge preveda pene di lieve entità per spaccio nei confronti di minorenni e di grandi quantità di sostanza e che, come per l’alcol anche se l’effetto è differente, ne venga espressamente vietato l’assunzione prima di mettersi al volante e munire gli agenti della polizia stradale di appositi kit specifici che riescano a rilevare il momento preciso dell’assunzione della sostanza in modo tale da non instillare dubbi e incertezze. Si tratta di buon senso cittadino e di promuoverne un consumo consapevole.
L’autoproduzione italiana potrebbe venire incontro alla difficoltà economica che attraversiamo ormai da decenni. Questo prodotto legato ad un modello efficiente riuscirebbe a creare PIL, posti di lavoro, introiti per lo Stato e ridurre i costi della cannabis terapeutica per i pazienti come Walter de Benedetto e non solo, e permetterebbe di venir contro alle spese di un proibizionismo che ormai è diventato insostenibile. È noto come una grande fetta degli introiti della malavita italiana tragga beneficio dallo spaccio di sostanze stupefacenti ed in particolare hashish e marijuana. Pensiamo allo spaccio, alla criminalità, alla violenza e alle carcerazione legati alla cannabis e di conseguenza ai costi legati alla giustizia. Con l’autoproduzione ognuno potrà essere libero di coltivare a casa sua e consumare la varietà di pianta che più gli interessa, pagare la bolletta della luce e comprare semi, terra e fare giardinaggio (ebbene sì, anche fare giardinaggio con qualsiasi tipo di vegetale apporta relax e benefici alla nostra salute mentale).
In italia i consumatori sono tantissimi, circa 6 milioni quelli dichiarati, una percentuale decisamente alta rispetto agli altri paesi europei, il mercato della cannabis italiana potrebbe valere 5 milioni di euro fin dai primi anni. Ma chi è effettivamente contrario alla legalizzazione della cannabis? Vi sarà sicuramente capitato di sentirlo dalla zia di vostra zia, o leggerlo in qualche commento di gente poco informata e bigotta su qualche post social, ancora convinti nel XXI secolo che la cannabis sia una droga di passaggio per l’uso di sostanze decisamente pericolose e potenti. Certo è plausibile che chi usi sostanze più pesanti della cannabis, ma la domanda che potremmo rivolgere agli attuali fumatori è quella di sapere quanti di loro passerebbero dai piaceri della cannabis alla rovina dell’eroina in questo preciso istante, ve lo anticipiamo noi, sicuramente nessuno!
Le tre principali Lobby contro la cannabis
Tra le lobby attualmente più potenti che tremano al pensiero che la canapa possa farsi spazio nei cuori di tutti (magari anche imprenditori) vi è sicuramente quella del petrolio. Come ben sappiamo dal nostro tanto ricercato petrolio e grazie dalle raffinerie di oro nero, dopo processi infiniti di lavorazione che comportano ulteriori sprechi di materiale ed energia, si ricavano la maggior parte dei prodotti che utilizziamo nella nostra quotidianità, piatti di plastica, flaconi dei detersivi, fibre sintetiche per l’abbigliamento, pellicole per alimenti, pneumatici. Ora chiudete gli occhi per un attimo e immaginate se tutti questi prodotti ricavabili dalle raffinerie di petrolio (che deturpano mari, deserti e fondali oceanici)potessero essere prodotti interamente con una plastica di origine vegetale, quindi biodegradabile, che non impatta sull’ambiente, una risorsa mai esausta e quindi infinita, che ci può permettere allo stesso tempo di respirare aria pulita ( per via dell’incremento delle coltivazioni sul suolo italiano) e di risparmiare molte quantità d’acqua presenti sul nostro pianeta durante le fasi della crescita, senza contare il rispetto per l’ambiente che condividiamo con un infinita gamma di esseri viventi.
La seconda lobby che potrebbe sicuramente sentirsi risentita da una possibile legalizzazione è quella del tabacco, che rende il tabagismo una delle dipendenze più diffuse sul nostro pianeta. Secondo i dati OMS, il tabacco uccide più di 8 milioni di persone ogni anno. Di questi decessi, più di 7 milioni derivano da un consumo diretto del tabacco, mentre circa 1,2 milioni sono il risultato dell'esposizione al fumo passivo dei non fumatori. In rete è possibile trovare diverse tabelle ufficiali che rappresentano su un diagramma la gravità degli effetti di ogni sostanza e il tabacco ne occupa una delle prima posizioni. Spesso ci domandiamo perché il proibizionismo stia nei confronti della cannabis e non della sigaretta che produce sostanze esclusivamente tossiche/irritanti che vengono sprigionate dalla combustione, meritano una citazione: la nicotina, il monossido di carbonio, l'acido cianidrico, il toluene, l'acetone, buona parte del catrame, l'ammoniaca, l'acroleina, l'acrilonitrile, il cianuro di idrogeno e la metilammina.
In questo periodo di transizione della cannabis alcune grandi compagnie come Philip Morris e british tabacco hanno mostrato particolare interesse per la cannabis e nessuno esclude che siano pronti a convertirsi o ad accogliere, sotto la propria ala anche la nostra amata pianta e proteggerne i propri interessi. Questo potrebbe giocare un doppio ruolo: il primo, purtroppo negativo per i consumatori, è che i fiori di CBD o THC potrebbero diventare monopolio di stato e concesse sempre ai soliti grandi produttori che continuerebbero ad arricchirsi sulle spalle dei consumatori e dei piccoli imprenditori, ma dall’altro lato della medaglia potrebbe portare la regina delle piante oltre i cancelli del bigottismo e del proibizionismo riuscendo a trovare prodotti specifici di cannabis dietro i banconi dei nostri tabaccai di fiducia, come gia succede nella vicina svizzera, in cui è possibile trovare infiorescenze e prerollati da THC< 1%.
La terza lobby sul quale vorremmo far ricadere l’attenzione è quella degli alcolici. I super alcolici sono ormai alla portata di tutti, supermercati, distributori automatici, bar, pub. Spesso è il prodotto proibito con il quale i minorenni entrano più facilmente in contatto insieme alla sigaretta. Negli anni ’20 del proibizionismo l’alcol vive una vita sofferta che ha spinto la criminalità organizzata di Al Capone a sfruttarla per i propri traffici illegali. Una volta entrata ufficialmente in vigore la legge proibizionista ebbe inizio il proibizionismo stesso. Era frutto dell’idea di far vivere gli americani secondo precise regole simili al moralismo puritano dei padri fondatori. Non vi era tolleranza per questa sostanza, ne fu vietato ogni uso anche quello moderato. Diversi furono i motivi, tra cui sicuramente quello di eliminare “piaghe” della società, per contrastare l’uso massiccio di alcol che comportavano un incremento della violenza sulle donne e tra uomini ubriachi. Per i religiosi l’alcol fu considerato veicolo di perdizione. Oggi invece esso è socialmente più accettato di qualsiasi sostanza, anche rispetto al tabacco, del resto ci capita spesso di vedere padre e figli che sorseggiano una birra, amici da una vita che brindano e fanatici che sorseggiano vini pregiati nei posti In della propria città. La considerazione e lo stesso pregio che attribuiamo a determinate enoteche, dovremmo attribuirli ai Cannabis social club nel quale ogni fanatico o neofita del settore può sedersi tranquillamente ad ascoltare musica, fare aperitivo, conversare, interagire con altre persone scegliendo da un catalogo le diverse genetiche di fiori che vorrebbe gustare nei momenti propri di relax e le good vibes.
Fonti: