- Détails
- Écrit par : Francesco Nicoletta
- Catégorie : Cannabis e cultura
Lo sport e la cannabis

L’Agenzia Mondiale Anti-doping (World Anti-Doping Agency, WADA) ha inserito la Cannabis tra le sostanze proibite in tutti gli sport dal 2004.
Le motivazioni di questa scelta sono legate soprattutto agli effetti psicotropi del tetraidrocannabinolo (THC), il principale componente della Cannabis, che potrebbero influire sulle performance degli atleti.
Ma come ormai abbiamo imparato dagli articoli precedenti, la Cannabis non è solo THC. Il principio non psicotropo, ovvero il CBD, è un altro costituente fondamentale della Cannabis conosciuto per le sue interessanti proprietà farmacologiche. Nel 2018 il Cannabidiolo è stato depennato dalla lista delle sostanze proibite tra gli atleti. Dalle varie letture sugli estratti (vedi qui) abbiamo imparato che il CBD può essere estratto direttamente dalla pianta di Cannabis o può essere sintetizzato in laboratorio.
Nei vari hempshop, il CBD si può trovare in diverse forme come oli, spray, pillole, tinture, liquido per vaporizzatori o balsami. Esso può essere estratto “full” o “broad spectrum” (ovvero estratto insieme ad altri fitocannabinoidi e composti) e si lega ai recettori CB1 e CB2 che può sia incrementare l’azione dei cannabinoidi endogeni, sia ridurre quella del THC al sito recettoriale comportandosi da modulatore. Oltre ai classici recettori, il CBD può legarsi ai serotoninergici 5-HT1A, ai recettori vanilloidi TRPV1 e ai recettori nucleari PPARγ. In qualsiasi tipo di sport, il dolore e l’infiammazione sono quasi all’ordine del giorno. Molti sono i rimedi da poter utilizzare in questi casi, ma uno sportivo deve tener particolarmente conto degli effetti collaterali, nonché delle possibili restrizioni relative all’utilizzo di sostanze dopanti.
Le proprietà analgesiche ed antinfiammatorie del CBD sono note sin dagli anni ’80 del secolo scorso. Esso è in grado di diminuire l’attività di diversi marker dell’infiammazione come le citochine, le prostaglandine E2 (PGE2), l’attività delle ciclossigenasi, l’ossido nitrico, la produzione di radicali liberi derivati dall’ossigeno ed è in grado di ridurre la formazione dell’edema. Il CBD esercita anche promettenti effetti analgesici, come dimostrato in diversi modelli di dolore infiammatorio e cronico, regolando la produzione di agenti pro infiammatori e interagendo con obiettivi coinvolti nella percezione del dolore. Da questi dati appare chiaro che gli atleti potrebbero beneficiare di questo fitocannabinoidi per gestire il dolore, l’infiammazione e il gonfiore associato alle lesioni e il CBD potrebbe diventare un’alternativa ai farmaci antinfiammatori non steroidei, agli oppioidi o ai corticosteroidi.
Il CBD e il THC nell’organismo
Il THC così come il CBD viene conservato dall’organismo nelle cellule del tessuto adiposo. Una persona magra, non solo avrà il metabolismo più veloce, ma avrò anche mancanze di depositi grassi per i metaboliti di THC, quindi, smaltirà il principio attivo più velocemente, ma il tutto dipende dalla frequenza con cui si assume la Cannabis. Secondo la ricerca di Leafly, quando il corpo comincia a bruciare il grasso, piccole quantità di THC vengono rimessi nel flusso sanguigno, che produce un effetto simile al consumare una piccola quantità di Cannabis, portando i livelli ematici di THC di circa il 15% in più subito dopo un esercizio fisico moderato, ma questo aumento regredisce due ore dopo l'allenamento. Lo studio ha mostrato una correlazione tra il rilascio di THC e BMI, Body Max Index, la percentuale di massa corporea, che fornisce un dato sullo stato generale di una persona: sottopeso, normopeso, obeso, ecc. Maggiore è il BMI, maggiore è l'aumento THC reintrodotto nel corpo. Lo sport è da sempre un toccasana, contribuisce a prevenire patologie come obesità, malattie cardiovascolari, diabete, aiuta a combattere stati di stress e non solo.
Citando uno studio del 2003 condotto dall’Università di Washington, l'esercizio attiva il sistema endocannabinoide in maniera similare alla pianta di Cannabis. Ricordiamo che il sistema endocannabinoide è un gruppo di lipidi (grassi) e recettori delle cellule ai quali i cannabinoidi (come il THC e CBD) si legano all'interno del corpo. Questo contribuisce ad alleviare il dolore, il controllo dell'appetito, ed influenza l'umore e la memoria. Il corpo produce naturalmente i propri cannabinoidi durante l'esercizio fisico e nello studio citato i ricercatori hanno scoperto che i cannabinoidi prodotti dall'uomo aumentano con l’aumento dell’esercizio.
Vi è dunque una relazione tra questi tre elementi? Sport, Cannabis e metabolismo? Non solo lo Sport aiuta nel migliorare il funzionamento del metabolismo ma le ricerche degli ultimi anni hanno evidenziato come la Cannabis potrebbe contribuire alla riduzione di alcuni rischi quali il diabete. Lo studio, pubblicato dall’American Journal of Medicine, condotto dal dott. Milltleman, ha analizzato i dati di circa cinquemila pazienti, fumatori di Cannabis, in una età compresa tra i 20 e i 59 anni. La squadra ha incrociato i dati raccolti mettendo in relazione il consumo di Cannabis con i valori della glicemia, pressione del sangue, colesterolo, insulina. Dallo studio è emerso che il campione che faceva un uso abituale di Cannabis presentava un livello di insulina inferiore del 16% e migliori livelli di colesterolo.
Atleti che utilizzano cannabis
L’utilizzo della cannabis da parte di atleti professionisti è una scelta legata a parte del loro piano d'azione. C'è di fatto un intero schieramento di atleti che si stanno manifestando in favore della cannabis, ed hanno le credenziali e le medaglie per dimostrare che ciò non pregiudica le loro prestazioni. Anzi, potrebbe perfino migliorarle.
Michael Phelps, nominato il più grande atleta olimpionico di tutti i tempi, è stato in passato fotografato mentre accendeva un bong carico. Phelps è il fiero titolare di 28 medaglie olimpiche, record mai prima raggiunto, delle quali 23 sono d'oro. Forse Phelps non consumerà tanto spesso, o quando si allena, ma il suo consumo ricreativo di cannabis, in qualità di atleta olimpionico più decorato di tutti i tempi, è un segno inequivocabile che questa sostanza decisamente non trasforma tutti coloro che la consumano in pigri fattoni.
Sha’Carri Richardson, la velocista americana considerata una tra le favorite per la vittoria della medaglia d’oro nei 100 metri alle Olimpiadi di Tokyo, non potrà partecipare alla gara. L’agenzia antidoping degli Stati Uniti ha infatti annunciato nei giorni precedenti alle competizioni che Richardson è risultata positiva alla cannabis, cosa che invalidato la sua vittoria nelle qualificazioni di qualche settimana fa e infranto le sue speranze di partecipare alle Olimpiadi. La notizia è un colpo devastante per la squadra olimpica statunitense, e molti si sono chiesti perché una delle migliori atlete americane non possa partecipare alla gara più prestigiosa del suo sport perché ha fatto una cosa innocua come fumare una canna – tra l’altro in Oregon, dove la marijuana è legale. Richardson, che ha 21 anni, avrebbe dovuta essere una delle rivelazioni delle Olimpiadi di Tokyo. Il mese scorso ha vinto le qualificazioni in Oregon, in un modo che ha spinto molti a paragonarla a Florence Griffith Joyner, l’atleta americana che alle Olimpiadi di Seoul nel 1988 ha vinto la medaglia d’oro e stabilito un record del mondo ancora oggi imbattuto.
Tra cannabis e arti marziali
Il precedente sfidante al titolo di campione del mondo dei pesi welter di Lotta Estrema, Nick Diaz, è conosciuto principalmente per tre cose: la sua “sberla Stockton”, la sua abilità nelle prese, e per la sua presa di posizione a favore della cannabis. Diaz ha dichiarato di essere l’atleta più consumatore degli altri, assieme al precedentemente citato Michael Phelps. La sua passione è una testimonianza del fatto che la cannabis è compatibile con ogni tipo di sport. Diaz vuole render chiaro che lo stigma di pigrizia associato con la cannabis è completamente falso. Questo lottatore professionista è tanto risoluto nella sua presa di posizione, da riferirsi effettivamente alla cannabis come a una droga che migliora le prestazioni. Il suo consumo di cannabis è a tal punto intrecciato con la sua carriera sportiva, che recentemente gli è valso dei guai con l'agenzia USA dell'antidoping, per aver fumato da un vaporizzatore portatile durante la conferenza stampa seguita all'incontro UFC 202. Si pensò che stesse inalando del semplice CBD, ma Diaz dichiara che stava di fatto fumandosi della Kush.
Cannabis e sport di resistenza
L'uso di cannabis si è visto anche nel mondo degli sport di resistenza. Avery Collins è un corridore di ultramaratona, che ha stabilito con successo dei record di corsa sulle 100 e 200 miglia. Questa giovane promessa della resistenza ha mostrato che la cannabis ha davvero un posto nel mondo dello sport. Collins ha descritto quelli che sono i suoi meccanismi preferiti per consumare cannabis, affermando:
«i commestibili, per me, son ciò che induce uno sballo molto più profondo; tutto è molto più naturale e fluido, e rende la corsa molto più spirituale […] per quanto riguarda il fumare, è uno sballo più nitido. A volte perfino più energico. In linea di principio, lo preferisco sulle distanze più corte, fino alle 15 miglia, perché svanisce molto più in fretta»
Il Canestro della cannabis all' NBA
Nel novembre del 1996, la star venticinquenne dell’NBA J.R. Rider è stata denunciata per aver fumato erba da una lattina di soda. Questo successe due giorni prima della sua prima partita nei Portland Trail Blazer. Sebbene Rider possa essere uno dei primi esempi di star dell'NBA punite per l'uso di cannabis, non è certamente l'unico giocatore a godersi gli effetti di rilassatezza della cannabis. Infatti, recenti scoperte sembrano suggerire che la cannabis è la sostanza preferita da molti giocatori di basket. Nelle interviste con ex professionisti, Bleacher Report ha scoperto che nelle vette della loro carriera, le star dell'NBA avrebbero utilizzato l'erba per aiutare con l'insonnia, l'ansia e la gestione del dolore. Kenyon Martin, che era la prima scelta nel Draft NBA 2000, ha affermato che, per quanto ne sappia, l'85% della lega ha fumato marijuana durante la sua carriera. È d’accordo anche l'ex professionista Matt Barnes affermando che non fosse un evento quotidiano ma che in 15 anni capitò molte volte. Questo non è stato ignorato dall'NBA. Dal 2015, il campionato esegue sui giocatori test antidroga per sei volte a stagione, più spesso di qualsiasi altra principale lega professionistica. Se un atleta viene sorpreso con un risultato positivo, le penalità vanno da una multa di $25.000 a sospensioni automatiche di cinque partite. Ma c'è la speranza che l'NBA possa iniziare a concedere i benefici della cannabis per gli atleti professionisti. Il commissario dell’NBA Adam Silver ha dichiarato al Bleacher Report che esiste un interesse a “comprendere meglio la sicurezza e l'efficacia” della marijuana medica.
Cannabis e sport in Italia
Nel 2018, in Italia, sono stati effettuati controlli antidoping nel corso di 141 manifestazioni sportive che hanno coinvolto 594 atleti, di cui 388 maschi (65,3%) e 206 femmine (34,7%), con un’età media di 25,7 anni (26,3 i maschi e 24,7 le femmine). Dai risultati delle analisi condotte dal laboratorio antidoping della FMSI (Federazione medico Sportiva Italiana), è emerso che dei 594 atleti controllati, 13 sono risultati positivi ai test antidoping (il 2,2% degli atleti sottoposti a controllo). I principi attivi che sono stati rivelati ai controlli si suddividono in:
- Cannabinoidi 33,3% (THC, 5 casi);
- Agenti anabolizzanti 26,7% (2 casi con Tibolone, 1 con Mesterolone e 1 con Clostebol):
- Stimolanti 26,7% (4 casi. Oxilofrina, Efedrina, Tuaminoeptano e Cocaina):
- Modulatori ormonali e metabolici 6,7% (1 caso. Meldonio);
- Narcotici 6,7% (1 caso. Metadone).
L’attività di controllo antidoping del Ministero è affidata dalla legge 14 dicembre 2000, n.376 alla Sezione per la vigilanza e il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive. I casi di positività al delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), uno dei più noti principi attivi della pianta di Cannabis, hanno rilanciato l’interesse nei confronti delle norme che regolano l’impiego in ambito sportivo del cannabidiolo (CBD), un altro principio attivo della Cannabis che negli ultimi anni viene impiegato da alcuni atleti e che non è considerato sostanza dopante. L’Agenzia Mondiale Antidoping include nell’elenco delle sostanze dopanti tutti i cannabinoidi naturali e sintetici ad eccezione del cannabidiolo (CBD). Cannabis, Hashish e Marijuana sono tassativamente proibiti così come sono vietati anche i prodotti, compresi cibi e bevande, contenenti cannabinoidi. In aggiunta, sono vietati tutti i cannabinoidi sintetici che imitano gli effetti del THC. Il motivo dell’esclusione del cannabidiolo va probabilmente ricercato nel suo recente impiego da parte degli atleti come sostanza sostitutiva o da affiancarsi a farmaci antidolorifici e dal corpus di conoscenze raggiunte sulle sue proprietà biochimiche e attività farmacologiche.
Fonti